“From zero”: come suonano i Linkin Park senza Chester Bennington
Come suonano i Linkin Park senza Chester Bennington? Per sciogliere dubbi e rispondere alla domanda, il prossimo 15 novembre esce "From zero", l'album che segna il ritorno della band sette anni dopo l'ultimo disco e la tragica scomparsa del frontman.
A un primo ascolto di "From zero", il gruppo si presenta in una nuova formazione, con la cantante Emily Armstrong e il batterista Colin Brittain, e sembra giocare sui punti di forza del proprio passato, come in un omaggio a ogni capitolo della sua carriera finora. Manca la presa allo stomaco che Bennington riusciva a far provare: ma va bene così, le sensazioni vanno rinnovate, e in questo caso si spingono verso una maggior luminosità. Dall’energia dei ritornelli ai momenti di intensità, carichi però di aperture, il rinnovato gruppo ha creato un lavoro degno del suo nome, capace di pescare da ogni propria epoca, pur suonando carico di novità. I Linkin Park hanno qualcosa da dire.
Come ci si può aspettare che qualcuno possa in qualche modo rimpiazzare Chester Bennington? Checché se ne dica, di questo i Linkin Park sono sempre stati ben consapevoli. Nonostante quello che possano pensare i più cinici additandoli di lucro, ogni operazione attuata da Mike Shinoda e soci dopo la scomparsa del loro frontman nel 2017 è stata fatta con l’intento di omaggiarne il lascito. La capacità di Chester Bennington di indagare nel profondo le inquietudini della propria mente e tirare fuori i racconti della propria anima, con l’unicità e la particolarità della sua voce, a volte tirata come un urlo e altre volte usata con tecnicismo, non è finita nel dimenticatoio. Proprio in memoria del compianto musicista, per anni la band di “Numb” ha guardato di sbieco la possibilità di un proprio ritorno sui palchi e con nuova musica. Ma se è vero che dal dolore e dagli abissi è possibile riemergere e rinascere, questo vale anche per i Linkin Park.
Per il loro ritorno Mike Shinoda, Brad Delson, Phoenix e Joe Hahn si sono affidati alla consapevolezza, giocando quindi anche un po’ di furbizia. Sarebbe stato un oltraggio trovare un rimpiazzo, nel vero senso della parola, di Chester Bennington. Tanto che, quando le supposizioni su chi potesse essere il nuovo cantante della band puntavano a Deryck Whibley dei Sum 41, per un brutto tempismo di annunci, l’imminente conferma di un ritorno dei Linkin Park sembrava ormai allontanarsi dalla realtà.
Per il gruppo di “In the end” i pianeti si sono allineati qualche anno fa, quando la giusta voce ha colpito l’attenzione di Shinoda e compagni. I Linkin Park, in balia dell'incertezza per il proprio futuro, non vagavano alla ricerca di un sostituto, ma qualcosa è scattato nella mente e nel cuore del cofondondatore della band a un certo punto. La strada della band si è infatti incrociata con quella di Emily Armstrong, fino a poco tempo fa conosciuta a un pubblico più underground per aver co-fondato i Dead Sara. I Linkin Park hanno così rivisto la luce grazie a una personalità e a una vocalità che non potevano far altro che omaggiare la potenza di Bennington, senza mettere in ombra se stessa e l’eredità di lui. “Quando ho iniziato a sentire la voce di Emily su vario materiale, nel mio cervello, è stato come se per la prima volta il mio cervello l’avesse accettata come una canzone dei Linkin Park”, ha affermato Mike Shinoda in un’intervista. Emily, pronta a condividere il microfono con Shinoda, è quindi diventata la cantante della nuova formazione dei Linkin Park, che hanno accolto tra le fila anche il batterista Colin Brittain. Non poteva che essere una voce dal timbro e dall’estensione diversi da quella di Chester Bennington, ma pur sempre carica di potenza, a riportare in attività la band.
La nuova formazione è stata svelata con uno show esclusivo lo scorso settembre ai Warner Bros. Studios di Burbank, in California, trasmesso anche in streaming. Il pubblico ha poi conosciuto meglio i “nuovi Linkin Park” grazie a una serie di date live in giro per il mondo, anticipazione di un tour più ampio previsto per il prossimo anno.
Emily sui palchi non manca di intensità ed energia, riuscendo a soprendere per la dinamicità e la frenesia della sua attitudine. La cantante, cofondatrice dei Dead Sara, porta i Linkin Park in una dimensione più hardcore e dimostra la capacità di tirar fuori dalle viscere tanto i tormenti e le paure, quanto la luce e la speranza, sia delle vecchie che delle nuove canzoni.
Ora arriva la prova dell’album: ecco “From zero” spiegato, canzone per canzone.
1. "From Zero (Intro)"
Un coro di voci armoniche, celestiali e oscure aprono la strada all'intro di "From zero", che in soli venti secondi sembra rivelare l'intera intenzione dell'album. Con un brusco cambio di scenario, in presa diretta dallo studio di registrazione, si inserisce la voce di Emily Armstrong. “From zero? Like, from nothing?": è la domanda che viene posta, a cui Shinoda risponde: "Yes!".
2. "The Emptiness Machine"
L'inizio della nuova era dei Linkin Park coincide con "The Emptiness Machine", primo singolo tratto dal disco, con cui la band ha svelato le sue carte. Fin dalle prime note il brano suona come un classico moderno, che riporta ai tempi di "Meteora" di oltre vent'anni fa, ma incapsulando il tema ricorrente di questo nuovo capitolo: i Linkin Park sono ancora i Linkin Park, ma non proprio come li ricordavamo. Velocità nelle strofe ed esplosione nei ritornelli, con la batteria che apre con efficacia e foga metalliche, mentre la potenza arriva tra gli accordi e il significato del testo: il singolo mette in mostra lo stile e il sound della musica di questo gruppo rinnovato, mentre le voci di Emily Armstrong e Mike Shinoda iniziano a giocare tra loro, intrecciandosi e lasciandosi il proprio spazio. "I only wanted to be part of something" ("Volevo solo far parte di qualcosa"), affermano insieme nel bridge, aprendo a diverse interpretazioni. Il brano rimane appiccato in testa.
3. "Cut the Bridge"
Inserti glitch in un'introduzione intermittente, dove si isinua l'incisività della batteria che detta per tutta la canzone il ritmo serrato della canzone. La voce rappata di Shinoda apre la strada al dinamismo tagliente di Emily, fino al momento in cui ogni suono si spegne per lasciare ruggire la sola cantante: "Cut the bridge we're on" ("Spezza il ponte su cui ci troviamo"). Bisogna trattenere il fiato. Sembra di ascoltare ciò che un fan dei Linkin Park vorrebbe ascoltare, senza essere un esercizio di stile per Emily, ma un colpo riuscito.
4. "Heavy Is the Crown"
Pubblicato come seconda anticipazione dell'album, e quindi già noto ai fan, "Heavy is the crown" è un brano che racchiude molti degli elementi che hanno fatto innamorare i fan dei Linkin Park nei primi Duemila. Mike Shinoda apre la traccia con parti rap che riportano agli anni di "Hybrid theory", dove l'elettronica si insinua tra le trame di influenze new metal più pesanti. Ciò include anche lo spessore delle urla e le voci sostenute che hanno creato il marchio di fabbrica del gruppo, qui affidate a Emily. L'ambiente sonoro evidenzia anche l'abilità di Colin Brittain, nel lanciare la sua batteria tra ritmi martellanti e suoni elettronici.
5. "Over Each Other"
Si prosegue con un'altra canzone già pubblicata, che svela altri territori esplorati dai Linkin Park in "From zero". Con protagonista la sola voce di Emily, "Over each other" introduce un messaggio che ben si inserisce nella modernità, tra suoni sommessi e sospesi. "But you won't let me breathe / And I'm not ever right / All we are is talkin' / Over each other" ("Non mi lasci respirare / E non ho mai ragione / Tutto ciò che rimane è parlare / L'uno sopra l'altro"), dichiara la cantante con voce pulita, marcando con ruvidità le ultime parole.
6. "Casualty"
"Let me out, set me free / I know all the secrets you keep" ("Lasciami uscire, liberami / Conosco tutti i tuoi segreti"): "Casualty" è un pugno allo stomaco e al cuore. Il brano è una sorpresa e una chicca per gli amanti dell’hadcore piú serrato, in cui la versatilità di Emily è messa in mostra. Basso e batteria colpiscono come mitragliatrici, tra frenetici cambi di ritmo. La voce della cantante passa da urla strozzate alla Knocked Loose ai singhiozzi alla Jonathan Davis dei Korn, mentre il cantato del suo sodale rivelano una nuova prospettiva di Mike Shinoda.
7. "Overflow"
Synth e ed elttronica costruiscono la melodia che apre "Overflow". Le voci arrivano come echi, da lontano, prima che l'ambiente sonoro venga plasmato da imperfetti glitch per far arrivare le parti di Shinoda. Superata la metà del disco, la settima traccia sembra un brano a sé stante e tra le più interessanti dal punto di vista creativo. "I keep on filling it up / To overflow": la voce di Emily è qui brillante, mentre la canzone cresce sul riff di chitarra.
8. "Two Faced"
"Get right!", "Fatti sotto!": è l'urlo di Emily in growl a dettare il via di "Two faced", prima di lasciare il campo al rap di Mike. La durezza dei riff tornano prepotenti, intrecciandosi con gli scratch che graffiano il brano, tra frenesia punk e armonie elettroniche. Il lavoro sulle doppie voci notevole, con i due cantanti che disegnano la profondità del pezzo. "Your truth's not rigid, your rules aren't fair / The dark's too vivid, the light's not there" (La tua verità non è rigida, le tue regole non sono giuste / L'oscurità è troppo vivida, la luce non c'è), afferma Shinoda, a cui Emily risponde: "Two faces / Caught in the middle / Too late / Counting to zero" (Due facce / Intrappolate nel mezzo / Troppo tardi / Contando fino a zero).
9. "Stained"
Suoni tesi e percussioni elettroniche aprono "Stained", e su ogni colpo di drum machine Mike medita: "Hand on my mouth, I shouldn't have said it / Gave you a chance, already regret it" ("Mano sulla bocca, non avrei dovuto dirlo / Ti ho dato una possibilità, me ne pento già"). La ponderosità della produzione si spinge verso influenze industrial, prima di aprirsi e ammorbidirsi nel ritornello di Emily Armstrong: "You're stained / You try to hide the mark but it won't fade" (Ti sei macchiato / Cerchi di nascondere il segno ma non svanisce"). La nona traccia è un cresciendo, promettendo di essere il prossimo cavallo di battaglia in radio o ai concerti.
10. "IGYEIH"
"I give you everything I have!" ("Ti do tutto quello che ho!"), ripete il grido di Emily. Per rabbia e intensità sembra inseguire l'attitudine di "Casualty", ma cambia presto direzione per sottolineare la facilità che ha il ritornello di fare presa: "I'm not the enemy / You make me out to be" ("Non sono io il nemico / Tu mi fai passare per tale"), è facile immaginarselo come l'introduzione di momenti singalong corali a un concerto.
11. "Good Things Go"
La melodia fa da padrona in "Good things go". Rispetto alle precedenti canzoni, tra arpeggi di chitarra e drum machine, verrebbe da dire che l'ultima traccia chiude "From zero" con dolcezza ed emotività. "Feels like it's rained in my head for a hundred days" ("Mi sembra che nella mia testa abbia piovuto per cento giorni"), dichiara Mike Shinoda, mentre la delicatezza nella voce di Emily lo sostiene. Il canto di Armstrong raggiunge qui le note più alte ascoltate in "From zero". Fino al risucchio finale di "Good things go", l'album illumina finalmente il futuro dei Linkin Park, finora incerto. Solo il tempo dirà se è abbastanza per mettere a tacere i cinici, nel frattempo godiamoci un buon lavoro.